“SE IN MEZZO A LORO NON
POTRÓ MANDARE TE CHI MANDERÓ?”
Sono nata in una famiglia lontana
dalla Chiesa, mio padre aveva già preparato per me un cammino che seguisse le
sue orme nell’impegno politico, le sue idee ed i suoi principi di vita.
Avevo solo 14 anni, ma varie
vicissitudini familiari mi avevano costretta a crescere in fretta e quindi ero
molto matura per la mia età. Quando arrivò in Parrocchia il nuovo prete mi
sorprese con una provocazione: “Il Vangelo non è un libro da leggere, ma da
vivere. Vedrete che cambierà la vostra vita”. Ero una divoratrice di libri
anche piuttosto impegnati, ma se pur alcuni di essi mi avevano aiutata a
crescere, a capire alcune cose importanti,
di certo nessuno mi aveva mai cambiato la vita. Accolsi la
provocazione e iniziai a leggere il Vangelo scoprendo che sì è vero: il Vangelo
ti cambia la prospettiva con la quale affronti la vita.
Purtroppo questa consapevolezza
coincise con l’inizio di un lungo periodo di contrasti con i miei genitori che
non approvavano questo cambio radicale di prospettiva e quindi tentarono di
ostacolare in ogni modo il mio impegno nella Chiesa.
Furono anni molto difficili e
dolorosi, ma che mi costrinsero a pormi davanti ad ogni scelta in modo più
consapevole. Sapevo infatti che, ogni volta, decidere di impegnarmi in
Parrocchia o in Diocesi avrebbe portato ad accese discussioni e questo mi
costringeva a domandarmi se valesse la pena o meno continuare a lottare. Carente in famiglia di amore e attenzione
avevo trovato in Dio e nella sua Chiesa la risposta ai miei bisogni e quindi
riuscii a reggere nonostante tutto.
L’Amore di Dio e dei miei
Vescovi, che in quegli anni mi aiutò a superare ogni prova, mi aveva
completamente conquistata e cominciai a pensare a come avrei potuto con la mia
vita rendere un briciolo di quanto avevo ricevuto. Pur comprendendo la bellezza
e l’importanza del matrimonio e della vita consacrata nel Monastero o nel
Convento ero certa che Dio avesse preparato per me qualcos’altro, ma non capivo
proprio cosa.
Ad un certo punto ci fu una tappa
fondamentale nel percorso di discernimento vocazionale. Già lavoravo come
direttore in una Associazione di produttori vitivinicoli e quindi frequentavo
giornalisti, opinion leader, famosi imprenditori, insomma quelli che di norma
sono definiti “i potenti” e per questo, in genere, poco apprezzati dai
cristiani perché visti come peccatori destinati
solo all’inferno! Eppure a me sembrava che Dio non poteva abbandonare a se
stessi nemmeno loro, che il suo Amore in qualche modo doveva raggiungerli. Un
giorno sentii la Sua domanda forte dentro di me: “Se in mezzo a loro non potrò
mandare te, chi manderò?”. In quella Sua domanda trovai la risposta alle mie
domande, la mia vocazione era: essere pienamente nel mondo pur non essendo del
mondo. In più questa vocazione nata nell’ambito della Parrocchia e quindi della
Chiesa locale, mi faceva sentire un legame speciale e indissolubile con la mia Diocesi. Fu
l’inizio della ricerca del “come”, perché non conoscevo nessun tipo di
consacrazione che rispondesse a questi requisiti: restare nel mondo senza segni
distintivi per poter arrivare ovunque e a chiunque e nel contempo restare
legata alla mia Diocesi. Poi venne la scoperta della realtà dell’Ordo Virginum
che, appresa tramite la lettura di un libro, ebbi la certezza rappresentasse in
toto quello che stavo cercando.
Ho ricevuto la consacrazione il
30 Maggio 1998 all’età di 34 anni, ho imparato ad amare la Chiesa anche
conoscendola non più solo come “Santa” come era all’inizio, ma anche come
“peccatrice”, e preso coscienza che la mia è una consacrazione al “Dio della
Chiesa”, non “alla Chiesa di Dio” anche se essa ne è lo strumento e quindi non
si può mai prescindere da lei.
Oggi sono titolare di una agenzia
di comunicazione e relazioni pubbliche nel settore del vino. In virtù di questa
esperienza per vari anni e fino al 2011, mi sono occupata dell’ufficio stampa
dell’Incontro nazionale annuale dell’Ordo Virginum perché approfittando
dell’evento, l’esperienza fosse portata a conoscenza di quante più persone possibile
fuori e dentro la Chiesa.
Durante gli ormai quasi 30 anni
di lavoro praticamente tutti quelli con cui ho a che fare sono venuti a
conoscenza della mia scelta di vita e la rispettano. Negli
anni, vari di loro hanno fatto significativi passi avanti nella visione della
Chiesa passando dal rifiuto totale all’attenzione. Non è molto, ma è già un
atteggiamento diverso che può preludere a altre aperture.
Mi sembra anche di poter dire
che, sempre una risposta a quella chiamata iniziale di Dio “Chi manderò?”, è
stata la decisione dei miei ultimi due Vescovi di acconsentire che il mio
impegno pastorale principale non sia un servizio nella Diocesi o nella
Parrocchia (anche se faccio comunque parte del Consiglio Pastorale e del CPAE
parrocchiale), ma l’impegno in politica dove di cristiani c’è un bisogno
estremo. Lo faccio da tre anni con il compito di presiedere un’Associazione
politico-culturale che in questo periodo si è occupata di tanti temi importanti
e pur trovandosi all’apposizione in Consiglio Comunale, ha saputo lavorare in
modo costruttivo senza scendere a compromessi di nessun genere e mantenendo
sempre alto il livello del confronto rifiutandosi di rispondere alle
provocazioni, che pur sono arrivate cospicue e sgradevoli come ormai è
purtroppo cattivo costume che accada.
Spesso mi chiedono: “come fai a
conciliare un tipo di lavoro in un ambiente così particolare e un impegno nel
sociale così difficile con l’essere una consacrata?”. Al di là delle mancanze e
debolezze personali che non verrebbero meno se vivessi in altri ambiti, non vedo contrapposizione con l’essere donata
a Dio ed il frequentare certi ambienti. Anzi lo stupore di chi mi frequenta
davanti al fatto di sentirmi “uguale”, ma di scoprire che si tratta di un tipo
di uguaglianza basata su fondamenta diverse; il fatto di non avere scuse
davanti alle scelte che si debbono fare perché anche tu le fai, mi sembra
essere il modo nuovo ed originale che Dio ha trovato, attraverso il Concilio
Vaticano II, per rispondere alle esigenze di questo tempo.
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