Sono stata
consacrata nell’Ordo Virginum dell’Arcidiocesi di Napoli dal Cardinale
Crescenzio Sepe il 6 ottobre 2012, dopo un cammino di formazione durato sette
anni lunghi e tormentati. Ma la mia
storia d’amore con Gesù è iniziata, più o meno consapevolmente, nel 1998 nel
luogo e nel modo più imprevedibile. Non ero più una ragazzina, avevo ben 43
anni e la scoperta della presenza viva e tangibile di Dio nella mia vita mi
elettrizzava ma mi riempiva anche di perplessità: che senso aveva parlare di
vocazione, non poteva trattarsi piuttosto della necessità di darmi una
connotazione decorosa, visto che non ero riuscita a trovare una giusta
collocazione sentimentale? Non si può comprendere il senso della mia vocazione
tardiva senza ripercorrere i punti salienti della mia vita, così come ho dovuto
fare io per poter dare il giusto senso alla mia storia personale, una storia
che mi è sempre parsa banale ma che, alla luce dell’amore di Dio, riconosco
come unica e piena di significato.
Ricordo volentieri la mia infanzia serena, ma ben presto mi sono resa
conto di essere, come tanti figli unici, oggetto di un amore soffocante da
parte di genitori ancorati ad un passato ricco di buone tradizioni ma
totalmente refrattari ai segni dei tempi. Venivo allontanata anche dalla scuola
e rinchiusa in una gabbia dorata per evitarmi ogni difficoltà e ogni male e
preservarmi, secondo la loro idea di purezza, per consegnarmi poi nelle mani di
un bravo marito che avrebbe continuato a decidere per me della mia vita. Ho
maturato un carattere difficile da adolescente insoddisfatta ed insicura,
combattuta tra il dovere di assecondare le aspettative del mondo e la necessità
di essere liberamente la persona che sentivo dentro di me reclamare il proprio
diritto alla vita. È stato come vivere una schizofrenia, divisa tra due mondi
paralleli: la realtà a cui mi credevo obbligata e il mondo della fantasia in
cui vivere le situazioni che mi erano negate nella realtà. Non avevo il
coraggio di imporre la mia volontà, ma uno spirito tenace, sì: sono un tipo da
resistenza ad oltranza più che da scontro diretto. Persevero nelle mie idee e
attendo pazientemente di poterle realizzare.
È così che ho potuto riprendere gli amati studi e conseguire il
classico “pezzo di carta” per dare una parvenza di ufficialità alla cultura
autodidatta costruita con la lettura di centinaia di libri e giornali, sfogo
vitale alla mia solitudine.
Ho sempre coltivavo due grandi ideali: la libertà e l’amore assoluto.
Fedele a questi sogni mi sono svincolata da proposte matrimoniali pure allettanti
per concentrarmi sulla ricerca di un lavoro, fino a vincere un concorso e ad
assicurarmi il cosiddetto “posto fisso”. Finalmente l’indipendenza economica
che mi dava maggiore sicurezza. Avrei voluto lasciare la mia città per potermi
organizzare la vita in maniera più autonoma e soddisfacente, ma non ho avuto il
coraggio di lasciare i genitori sempre più anziani, ai quali sentivo di dovere
la compagnia e l’assistenza per la loro vecchiaia. Ma l’anelito di libertà è
sempre stata una spinta inarrestabile che mi ha portato a viaggiare, a
conoscere i luoghi delle mie letture nell’illusione di poter concretizzare i
miei sogni. Ma non si concretizzava un bel niente. Solo, maturavo
l’insofferenza per ogni forma di costrizione.
In tutto questo, dov’era il Signore nella mia vita? So che c’è sempre
stato, una presenza discreta, apparentemente marginale, un po’ come il cuore
nel corpo: sai che c’è ma che sta lì per i fatti suoi, quasi non ti
riguardasse, come se la tua vita non dipendesse da Lui, ne comprendi
l’importanza solo quando batte forte per un dolore o un’emozione. Ed io le emozioni
le mettevo a tacere sempre e, per poter andare avanti, per affermarmi nella
vita avevo chiuso il mio cuore in una scorza dura…e Dio nella parte più
interna. Ma aspettavo sempre il grande amore. Credevo fosse colpa mia e della
troppa fantasia, ma nessuno riusciva ad incarnare quell’ideale di amore
perfetto che avevo nel cuore e a cui non avrei mai rinunciato.
Poi, non so come (ma lo sapeva bene Lui) mi sentii spinta a conoscere
luoghi diversi dalla nostra cultura e nel 1998 mi ritrovai in Marocco. Mi
accorsi che in quel paese musulmano mi mancava qualcosa: il segno della croce
di Gesù Cristo. Nel nulla del Sahara sentii la presenza del Tutto e conobbi la
nostalgia prepotente di ritrovarmi ancora a tu per tu con Lui. Esperienza sconvolgente
del deserto che ho ripetuto più volte, anche in vacanze solitarie alle Eolie
per guardarmi finalmente dentro e conoscere meglio me stessa. E ho cominciato a
scrivere per analizzare meglio il tormento della scoperta della mia vocazione.
“La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore… ti farò mia sposa per
sempre”; quando mi sono imbattuta in queste parole del profeta Osea, poi
motto della mia Consacrazione, ho capito di essere giunta alla meta, ho riletto
tutta la storia della mia vita da una nuova prospettiva e vi ho riconosciuto il
disegno di un Dio misericordioso che ha atteso pazientemente che realizzassi la
mia maturità come persona e come donna prima di farmi la sua esplicita proposta
di nozze.
Con l’aiuto delle persone giuste, poste sulla mia strada al momento
giusto, il Signore mi ha manifestato la sua volontà di volermi consacrata
proprio quando avrei avuto maggiormente bisogno della sua presenza e della sua
forza per fronteggiare il periodo più difficile della mia esistenza: la grave
malattia di entrambi i miei genitori e la morte del mio amato papà. Ora so che
tutta la mia vita è stata predisposta come le tessere di un mosaico che si
compone giorno per giorno, pian piano in un “oggi” ricco di colori e sentimenti
che finalmente riesco a vivere in pienezza, senza più bisogno di rifugiarmi
nelle fantasie ma immersa nella realtà quotidiana, animata da un sentimento
nuovo: la Gioia che viene dal Vangelo di Gesù.
E tutto guardo con l’occhio nuovo dello stupore continuo e della
gratitudine per i doni dell’unico Amore: la libertà di essere finalmente me
stessa, nel mondo eppure nella consapevolezza di appartenere solo a Lui; il
dono della maternità spirituale, con particolare sensibilità verso i sacerdoti
quali fratelli e figli nel Signore; il dono della sororità tra noi consacrate,
unite da legame profondo in Cristo pur mantenendo ciascuna la propria
specificità (ad oggi siamo in 16 e altre 5 sono in formazione); la possibilità
di testimoniare l’Amore di Gesù accettando la croce della malattia di mia madre;
la difficoltà di vivere in un ambiente di lavoro estremamente laicizzato, sono
infatti impiegata alla Regione Campania, dove la provocazione della mia
presenza, riservata ma fuori dagli schemi consueti, fa interrogare molti sulla
possibilità di vivere il quotidiano con una luce diversa, la luce del Vangelo. Non
ultimo, per me che ho sempre vissuto in disparte, è il dono reciproco di una comunità
parrocchiale che ha accettato con commozione il mio esserci in maniera del
tutto speciale ma discreta, senza tratti distintivi, se non quel velo bianco
che desidero indossare nelle Solennità e che diventa segno tangibile di
ulteriore Gioia per me e per gli altri. E il frutto di questo mio donarmi è stato
la nascita della “Associazione Il Buon
Pastore” per le adozioni a distanza in Ecuador e, recentemente, quella del
Gruppo di spiritualità femminile per aiutare altre donne a crescere nella
consapevolezza di essere “Donne Cristiane
nel Terzo Millennio”.
Sì, la consacrazione nell’Ordo Virginum è la vocazione in cui mi sento
pienamente realizzata, per la Gioia di sapere che Dio mi ama così come sono
realmente, per questo non mi ha costretta in una regola ma mi permette di
servirlo con l’arcobaleno dei doni ricevuti e la mia regola personale è scritta
di vita vissuta e di esigenze concrete, perché ogni giorno io possa essere
aperta allo stupore di uno Sposo che sorprende, aperta alla speranza del
domani, tanto che ancora oggi sto a chiedermi, con la freschezza di una
ventenne, cosa farò “da grande”.
E tutto questo io canto come preghiera in versi liberi, nel racconto e nella poesia, accompagnati spesso da fotografie nelle quali cerco di fissare l’emozione di un istante dinanzi alla continua sorpresa di scoprire la grandezza di Dio nella natura.
Così sono nate le mie raccolte “Il Deserto e l’isola”, “Attese”, “Dodì” e il racconto-saggio “Sinfonia di Voci e Sguardi”, opere premiate insieme ad altre mie poesie in prestigiosi Concorsi Letterari Nazionali. Ulteriori doni del Signore.
E tutto questo io canto come preghiera in versi liberi, nel racconto e nella poesia, accompagnati spesso da fotografie nelle quali cerco di fissare l’emozione di un istante dinanzi alla continua sorpresa di scoprire la grandezza di Dio nella natura.
Così sono nate le mie raccolte “Il Deserto e l’isola”, “Attese”, “Dodì” e il racconto-saggio “Sinfonia di Voci e Sguardi”, opere premiate insieme ad altre mie poesie in prestigiosi Concorsi Letterari Nazionali. Ulteriori doni del Signore.
Fotografia e
poesia sono un raccontare la realtà per immagini, che io cerco di far fruttare
come strumento di evangelizzazione ad
maiorem Dei gloriam. Amen
Profilo FB: Anna
OV Piccirillo
pagina FB: Sinfonia di Voci e Sguardi
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