Ricorda, Racconta, Cammina
Intervento di Agostina Ajello Assistente Sociale Missionaria
Intervento di Agostina Ajello Assistente Sociale Missionaria
Nota introduttiva:
Saluto
cordialmente tutti e ringrazio sentitamente chi mi ha proposto di offrire la
mia testimonianza sulla lunga esperienza di servizio vissuto e condiviso con il
Servo di Dio don Giuseppe Puglisi. Vi
confesso che ho provato difficoltà nel “fare memoria” di una vasta quantità di
eventi e di esperienze, ma, soprattutto, non mi è stato facile “selezionare” e scegliere
quanto possa essere più inerente al contesto di questo incontro e alla
celebrazione del prossimo Convegno delle Chiese di Italia “ Testimoni di Gesù
Risorto Speranza del mondo”.
Alla
luce dell’insegnamento pedagogico di P.Puglisi, che spesso parlando ai giovani
si serviva di “icone”, mi ha aiutato ad introdurmi al tema “ Ricorda, racconta,
cammina” un’icona di resurrezione: quella dei discepoli di Emmaus ( Lc 24,
13-35).
I
due discepoli, sfiduciati, perplessi, scandalizzati, fuggono amareggiati e
delusi dalla comunità, dove avevano incontrato il Signore, incapaci di vedere
“la spiga” nel “seme che marcisce”, la”vita” in un “sepolcro vuoto”. Il Signore quando si fa prossimo a loro, il
“racconto” da loro fatto sugli ultimi eventi, diviene, con Lui e per Lui,
“memoria”e nella memoria si aprono alla comunione di fede e di vita con il
Risorto e la loro fuga dal luogo degli eventi diviene corsa di ritorno con
gioia incontenibile, nel luminoso annuncio pasquale “ davvero il Signore è
Risorto e noi l’abbiamo riconosciuto”.
Se
io dovessi dipingere con un’immagine il cammino di P. Puglisi mi piacerebbe
farlo come “il compagno di viaggio” che seguendo il Divin Pellegrino si è fatto
con Lui e per Lui compagno di strada di tanti giovani e adulti, discepoli o non
del Signore che, delusi, amareggiati, in ricerca camminavano, fuggivano, senza
spesso sapere “verso dove”.
Si è fatto compagno anche di chi
voleva seguire più da vicino il Signore e aveva bisogno di discernere, con più
luce, la propria risposta: seminaristi, chiamati alla vita di speciale
consacrazione, fidanzati che volevano consapevolmente fondare la loro famiglia
nel Signore.
Egli
si è fatto prossimo, compagno di cammino per ciascuno/a, con discrezione e
rispetto, con pazienza e umiltà, interrogando, chiedendo, aprendo gli occhi
della mente e del cuore alla luce della Parola, spezzando con amore il Pane
della Comunione e della Riconciliazione, offrendo motivazioni forti all’impegno
di solidarietà responsabile verso tutti, ma in particolare verso i più poveri,
i più svantaggiati, verso le vittime del sopruso, della violenza,
dell’ingiustizia.
Egli,
alla luce del “Sole” della Pasqua è stato per tutti testimone di resurrezione e
di speranza.
1°- Tenterò di “ricordare e di raccontare” qualcosa di
questa mia preziosa esperienza; ma anzitutto desidero presentarmi anche per
facilitare la comprensione, più piena, di quanto dirò.
Mi
chiamo Agostina.
Dal 1961 sono
membro della Società di Vita Apostolica di Servizio Sociale Missionario,
fondata dal Card. E. Ruffini a Palermo nel secondo dopo-guerra.
Egli ci
diceva:
“Nessuna
sofferenza umana è estranea al Servizio Sociale Missionario. Ognuna di essa
presenta un aspetto particolare di Gesù nella Sua Passione”.
Vedeva quindi
la nostra missione nella Chiesa diretta a testimoniare l’Amore di Dio per
l’uomo attraverso un servizio di liberazione evangelica e di promozione della
giustizia nella carità, specialmente nei confronti dei poveri, dei sofferenti,
dei lavoratori i cui diritti erano conculcati.
Vi ho detto questo perché alla luce di questo
carisma, è nata e poi si è sviluppata in larga parte la mia esperienza di
lavoro apostolico con P.Puglisi. Esperienza preziosa, vero dono di Dio, che ogni
giorno vado rileggendo e meditando nel mio cuore.
Per circa 23
anni il Signore mi ha concesso la grazia di condividere la mia vocazione, la
mia missione con P.Puglisi imparando da lui a rispondere al progetto di Dio con
dedizione, gioiosamente, umilmente.
Quante volte
gli ho sentito ripetere agli Animatori vocazionali l’espressione di Paolo VI:
"I
giovani, in particolare, hanno bisogno di testimoni più che di maestri!”
E lui lo era. Tutta la sua
vita è stata una testimonianza della fiducia di Dio nell’uomo e impegno di
rivelazione della “verità nella carità”!
Io l’ho conosciuto
nel Luglio del 1971, quando era Parroco a Godrano, era venuto in qualità di
Assistente Spirituale in una Colonia Arcivescovile dove io svolgevo il compito
di Vice-direttrice.
C’è stata subito tra noi una
profonda sintonia: durante tutto il mese abbiamo collaborato per incontri di
preghiera con il personale e con i bambini della Colonia.
Nel mese
successivo, egli ha invitato me e una mia Consorella a partecipare alla Settimana sul tema della “PACE”
organizzata a Godrano con il Movimento “Presenza del Vangelo”, guidato dalla
Prof.ssa Lia Cerrito, sua collega nello stesso Istituto scolastico. Con il
Movimento “Presenza del Vangelo” P.Puglisi ha collaborato attivamente,
attingendo e spezzando assieme, in vari cenacoli, il pane della Parola.
Da queste esperienze è nata, tra me e P.Puglisi, una collaborazione
sempre più intensa, finalizzata all’obiettivo comune di promozione umana
animata dalla Parola di Dio. Per P. Puglisi
il Vangelo era il criterio fondamentale di riferimento nella sua azione pastorale
e l’uomo, nella sua concreta realtà, era“via della Chiesa”. La mia
collaborazione con P. Puglisi divenne più continuativa negli anni 70, quando,
mentre lui continuava il suo lavoro di parroco a Godrano, io svolgevo la mia
attività di A.S.M. nel Centro Sociale della zona “Decollati-Scaricatore” (uno
dei quartieri più emarginati di Palermo).
Ben volentieri offrivo a P. Puglisi il mio modesto apporto per l’individuazione
di sbocchi alle difficili situazioni da lui presentatemi, come anche con
piacere partecipavo agli incontri periodici sulla Parola di Dio e alle settimane annuali del Vangelo che si
organizzavano e svolgevano, con il Movimento “Presenza del Vangelo”, presso le famiglie di Godrano.
Preziosa è stata per me la
collaborazione richiestami per un’iniziativa a favore delle coppie e delle famiglie
che P.Puglisi aveva accompagnato nel loro cammino formativo al matrimonio. Fin da allora
molteplici erano i campi delle attività di P.Puglisi né si poteva cogliere
qualche sua predilezione per l’uno o per l’altro, tanto era sempre aperto e
disponibile a quanto la
Provvidenza gli proponeva.
Ed io cosa
chiedevo a P.Puglisi? Di aiutarmi nell’opera di
formazione dei giovani volontari che con me affrontavano le molteplici
problematiche della zona dove lavoravo. La sua
vocazione di “educatore” , attento alle nuove generazioni, lo ha reso sempre un
punto di riferimento per tanti giovani provenienti da ambienti ed
esperienze anche molto diverse.
Ho ancora, più
intensamente coadiuvato P.Puglisi quando (1979) egli ha assunto la responsabilità
del Centro Vocazionale diocesano e regionale. Io, che già da alcuni anni ero
membro delle due Segreterie, con lo stimolo e l’esempio di P.Puglisi ho avuto
la grazia di partecipare al suo intenso lavoro di formazione dei giovani. Ho, per vari anni, cooperato con
P. Puglisi alla preparazione e
realizzazione dei campi estivi vocazionali e della scuola di preghiera per i
giovani della diocesi di Palermo; alla organizzazione della mostra vocazionale,
“strumento- come lui diceva- tanto efficace di annuncio della Parola”. In
tali occasioni ho potuto cogliere non solo lo stile del “pedagogo competente”,
del “pastore vigile”, ma soprattutto del
sacerdote del Signore: uomo di Dio e, per questo, uomo per tutti.
Nell’itinerario formativo e di
crescita spirituale P. Puglisi invitava a riflettere i ragazzi sul senso della
propria vita, cercando di distinguerlo dalle false immagini che continuamente
la società ed i mezzi di informazione ci propongono. Proponeva,
quindi, la figura di Cristo di cui amava tanto parlare. Di Cristo sottolineava
la grande umanità, i suoi sentimenti umani, l’interesse nei confronti di ogni
uomo ed in particolare per i più deboli, i bambini, i peccatori, e poi parlava
di Gesù uomo libero e liberante al tempo stesso. Ricordava in particolare lo
sguardo di Gesù, uno sguardo che raggiunge l’uomo nel profondo, lo conosce, lo
interpella e lo promuove, avvolgendolo nella tenerezza e nell’amore di Dio.
Parlava spesso ai ragazzi della tenerezza di Dio, per esempio in occasione
della liturgia penitenziale, ricordava che Dio è un Padre misericordioso che
comprende tutte le debolezze e gli errori del figlio, lo vuole liberare dai
mali e dai pericoli.
P.
Puglisi insegnava a pregare: “E la preghiera – diceva – che dà senso alla vita
dell’uomo perché rende viva l’amicizia con Dio e ci rende simili a Lui”. Il
modello a cui faceva riferimento era Cristo, che P. Puglisi definiva “Preghiera
vivente”, perché durante tutta la sua vita fu in continuo dialogo con il Padre
e tutto ciò che compiva era sempre preparato e concluso dalla preghiera.
Un’altra
importante attività sacerdotale è stata quella che egli ha svolto per diversi
anni presso la Casa
“Madonna dell’Accoglienza, sorta nel 1973 in seno alle attività promozionali dell’O.P.C.E.R.
e seguita con affettuosa attenzione dal Card.Pappalardo. Questa Casa ospita, in un clima di “rispetto e
di accoglienza fraterna” giovani gestanti o già madri con i loro figlioletti (persone
provate da pesanti e a volte tragiche situazioni personali e familiari) per
aiutare a recuperare fiducia e possibilità per una nuova vita. Proprio in
questa Casa, e sino il giorno precedente la sua uccisione, P.Puglisi ha svolto,
con particolare, amoroso impegno, la sua missione d’illuminazione e di sostegno
spirituale, fatto soprattutto di ‘ascolto’ e di ‘comprensione misericordiosa’,
riuscendo ad ottenere frutti insperati in creature apparentemente
distrutte.(Commoventi sono le testimonianze delle Ospiti della Casa). La conferma
del significato attribuito dallo stesso P.Puglisi a questa sua missione
sacerdotale l’ho avuta direttamente da lui, quando chiamato a reggere la Parrocchia di
Brancaccio si disponeva a limitare necessariamente le sue molteplici
occupazioni: "Lascerò tutti gli impegni, mi disse, ma quello no”. Attraverso
questa ed altre esperienze di educatore di coscienze giovanili, in P.Puglisi si
andava facendo sempre più profonda la convinzione che la lotta ad ogni forma di
devianza e ai tanti dolorosi fenomeni sociali ad essi connessi, richiede da parte
della Chiesa non solo indispensabili riflessioni teologiche e morali ma anche
modalità di presenza che incarnino il messaggio evangelico in servizi di
promozione umana e sociale.
Eccomi, adesso, al suo impegno di pastore
nella Parrocchia di Brancaccio: due anni circa di intenso apostolato,
affrontato nell’ottica della “beatitudine dei poveri in spirito” che confidando
totalmente in Dio-Padre pongono, senza riserve, la vita a servizio della
missione ricevuta. A Brancaccio,
questo presbitero, dall’aspetto così “disarmato”, ma con lo sguardo penetrante
dell’apostolo, proteso alla liberazione della sua gente, avverte subito la
necessità e l’urgenza di adoperarsi con tutte le forze per ‘coniugare’ l’azione
di evangelizzazione con una vasta opera di promozione a favore dei giovani e
delle fasce più deboli ed emarginate. “ Come cristiani e come cittadini - ebbe a dire,
in occasione di un incontro pastorale- continueremo a chiedere alle Autorità quanto è
dovuto a questo quartiere, ma, nell'attesa, è inutile limitarsi a lamenti; è
necessario rimboccarsi le maniche per dare vita ad iniziative di promozione
umana che accendano qualche luce in mezzo a tante tenebre”. In breve
tempo, pertanto, nasceva il Centro di Accoglienza “Padre Nostro”, gestito dalle
Suore Sorelle dei Poveri di S.Caterina da Siena. Già nel titolo il Centro dichiara
la sua finalità: educare al riconoscimento della dignità dell’uomo che, elevato
per grazia alla condizione di “figlio di Dio” è chiamato alla libertà da ogni
forma di schiavitù morale e di violenza sociale. Per questo
Centro P.Puglisi chiese la mia collaborazione, avvalendosi così dell’apporto di
Assistenti Sociali e di Allieve della allora Scuola Universitaria di Servizio
Sociale “S. Silvia”* per la
rilevazione dei problemi del quartiere e per la programmazione dei Servizi
Sociali diretti ad avviare, anche con l’aiuto dei Volontari, processi di
socializzazione primaria. Cominciavano
così a Brancaccio i primi passi di un processo di consapevolezza etica e civile
alla luce del messaggio evangelico. E' stato proprio questo processo (che, pur
nella modestia dei mezzi, si rivelava capace di incidere in profondità per la
potenza del messaggio), a suscitare la brutale reazione delle forze mafiose del
quartiere. Il 28 luglio
1993 il Giornale di Sicilia riportava la notizia dei primi attentati contro la Parrocchia , diretti al
intimidire non solo il Parroco, ma quanti pensavano di collaborare con lui. Sappiamo quale
fu la reazione di P.Puglisi: nessuna protesta vendicativa ma, secondo il suo stile
evangelico, un invito dall’ambone della Parrocchia a riappropriarsi della
propria umanità: alla ragionevolezza, alla collaborazione, alla conversione”.
Il 15 Settembre è eseguito il verdetto di morte. Ma il sangue dei martiri è fermento di vita.
Il 15 Settembre è eseguito il verdetto di morte. Ma il sangue dei martiri è fermento di vita.
2° - Alla luce del chicco
di grano che da frutto solo se muore, la morte del “testimone” ha aperto “un cammino di speranza”. Da questo
seme sono nati tanti germogli di vita nuova.
Dal suo “dare la
vita, sulla scia del Buon Pastore, perché altri abbiano vita” sono sorte
moltissime iniziative, culturali, formative, sociali volti ad affermare i
valori della legalità, l’educazione al sociale e alla vita democratica, il
rispetto del lavoro onesto e il giusto guadagno nel rispetto della dignità di
ogni uomo.
Questo mi pare
rispondente alla prospettiva pedagogica di P. Puglisi che spesso ripeteva:
“ la nostra azione non può trasformare
l’ambiente. E’ solo un segno. Noi vogliamo rimboccarci le maniche per
dimostrare che si può fare qualcosa. Se ognuno di noi fa qualcosa, allora si
può fare molto”.
Nell’archivio
diocesano relativo a P. Puglisi undici raccoglitori documentano tale vitale
fioritura.
Si
tratta di:
-
testi, tesi di laurea; convegni; dibattiti; musical;
opere teatrali; film; trasmissioni televisive e documentari;
-
scuole; case famiglie; oratori; centri d’accoglienza;
campi sportivi, piazze, vie che portano il suo nome e, non solo, in Sicilia;
-
monumenti e visite nei luoghi ove ha vissuto, ha
operato, è stato ucciso; ecc.
Sono segni di
una vita che non è stata spezzata senza dare il suo frutto; di una
testimonianza che irradia di luce il cammino di tanti all’interno e all’esterno
della Comunità ecclesiale. Questa, a mio
parere, è luce di speranza e indicazione di un cammino nella verità dell’Amore
per le nostre Chiese.
Cammino che P.
Puglisi ha fatto non da solo ma sostenuto dalla fede e dall’insegnamento della
Chiesa che fa sue “ le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini, dei poveri soprattutto (cf. GS 1), rendendo loro un servizio con i
fatti e adoperandosi per salvaguardare e difendere tutto ciò che viola
l’integrità della persona umana; tutto ciò che offende la dignità umana; tutto
ciò che inquina coloro che si comportano così e che, pertanto, ledono anche
grandemente l’onore del Creatore (cf. GS 27).
P. Puglisi ha
fatto suo l’invito dell’Enciclica Redemptor Hominis (di Giovanni Paolo II)
quando afferma che “L’uomo, nella sua singolare realtà, nella piena verità
della sua esistenza, è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua
missione. E’ la via della Chiesa perché per ogni uomo Cristo è morto e risorto”
(cf. RH 14).
Conclusione
Termino, offrendo
la mia voce alla parola che P. Puglisi pronunciò in un suo intervento al
Convegno di “Presenza del Vangelo” nell’Agosto del 1991 il cui tema era:
“Testimoni della Speranza”. In quella occasione egli così diceva:" Noi
cristiani siamo testimoni della speranza e il testimone per eccellenza è Gesù.
L’Apocalisse
afferma che Gesù è il testimone fedele, l’Amen e Amen significa appunto sì,
Amen è colui che aderisce, che dice che è così. E Gesù ci ha mostrato il Padre.
Lui stesso, infatti, dice: “ Chi vede me vede il Padre” e i discepoli di Gesù
sono testimoni perché annunciano anche loro quello che hanno visto e udito. Certo questa
testimonianza – continua P. Puglisi - è
una testimonianza che dà gioia perché mette in comunione, ma che va anche incontro
a difficoltà tanto che può diventare martirio; quindi, dalla testimonianza al
martirio il passo è breve. Per il discepolo è proprio quello il segno più
vero che la sua testimonianza è una testimonianza valida. Il discepolo è testimone, soprattutto della
Resurrezione di Cristo risorto e presente, Cristo che ormai non muore ed è
all’interno della comunità cristiana, e attraverso la comunità cristiana,
attraverso il suo Corpo è presente nella storia dell’umanità. Il testimone
sa che il suo annuncio risponde alle attese più intime e vere dell’umanità
intera e dell’uomo singolo. L’uomo comune sperimenta che il vivere è sperare,
il presente è mediazione tra il già e il non ancora, tra il passato e il futuro
e chiaramente ognuno di noi costruisce il proprio futuro sulla base del proprio
passato”.
P. Puglisi è
stato un discepolo che ha visto e udito, ha incontrato e seguito il Maestro
morto e risorto e per questo con la sua vita ha saputo essere testimone del
Risorto, testimone e membro della Chiesa fondata da Gesù.
Di questo ne sono testimone.
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