da Anna
Benché io sia dichiaratamente “antigaribaldina” in questo articolo non ho intenzione di descrivere “le dinamiche” che hanno portato all’Unità d’Italia, i personaggi discutibili ed anticlericali, il dissesto economico del Sud Italia con la conseguente emigrazione di migliaia di famiglie e l’irrisolta “questione meridionale”. Già tanti scrivono al riguardo tentando di far emergere ciò che i libri di storia hanno deliberatamente omesso.
Credo che la celebrazione dell’Unità d’Italia sia doverosa per diversi motivi, ad esempio: se oggi son qui a scrivere in piena libertà e in lingua italiana è grazie al coraggio di tanti giovani che hanno creduto in questo valore!
Orgogliosamente siciliana, onoro la mia Patria: l’Italia, vivo nell'isola più grande del Mediterraneo, eppure mi sento parte integrante di questa meravigliosa nazione.
Certo vorrei che la classe politica fosse più competente ed attenta ai bisogni della società.
« O si fa l’Italia o si muore! »… Invece oggi molti pensano a “curare” i propri interessi e mi rattrista ascoltare intervistati esprimere il loro pensiero, così gretto, piccolo, ridicolo ed anacronistico che rasenta l’odio razziale.
Celebrare l’Unità d’Italia ci fa riflettere soprattutto sul nostro futuro: quali impegni vogliamo “sviluppare”? Su quali basi desideriamo costruire e/o migliorare la nostra identità di popolo italiano?
Alcuni elementi emergono proprio da una omelia di Mons. Pelvi, delegato dell’Ordo virginum della diocesi di Napoli ed attuale Ordinario militare: «Occorre compiere un capovolgimento di prospettiva: su tutto deve prevalere non più il bene particolare di una comunità politica, razziale o culturale, ma il bene dell’umanità, la riscoperta della originaria vocazione a essere un’unica famiglia, in cui la dignità e i diritti delle persone siano affermati come anteriori e preminenti rispetto a qualsiasi individualismo » ( 3 marzo 2011).
Se desideriamo essere “popolo” occorre confrontarsi con altri popoli, lasciarsi “attraversare” nella libertà che ci invita ad una sana collaborazione affinché l’altro possa rivelarmi la bellezza del suo e … del mio “volto”!
San Giuseppe vegli sul nostro cammino nella storia.
Clicca sotto per visualizzare la
Preghiera per l'Italia di Giovanni Paolo II
Benché io sia dichiaratamente “antigaribaldina” in questo articolo non ho intenzione di descrivere “le dinamiche” che hanno portato all’Unità d’Italia, i personaggi discutibili ed anticlericali, il dissesto economico del Sud Italia con la conseguente emigrazione di migliaia di famiglie e l’irrisolta “questione meridionale”. Già tanti scrivono al riguardo tentando di far emergere ciò che i libri di storia hanno deliberatamente omesso.
Credo che la celebrazione dell’Unità d’Italia sia doverosa per diversi motivi, ad esempio: se oggi son qui a scrivere in piena libertà e in lingua italiana è grazie al coraggio di tanti giovani che hanno creduto in questo valore!
Orgogliosamente siciliana, onoro la mia Patria: l’Italia, vivo nell'isola più grande del Mediterraneo, eppure mi sento parte integrante di questa meravigliosa nazione.
Certo vorrei che la classe politica fosse più competente ed attenta ai bisogni della società.
« O si fa l’Italia o si muore! »… Invece oggi molti pensano a “curare” i propri interessi e mi rattrista ascoltare intervistati esprimere il loro pensiero, così gretto, piccolo, ridicolo ed anacronistico che rasenta l’odio razziale.
Celebrare l’Unità d’Italia ci fa riflettere soprattutto sul nostro futuro: quali impegni vogliamo “sviluppare”? Su quali basi desideriamo costruire e/o migliorare la nostra identità di popolo italiano?
Alcuni elementi emergono proprio da una omelia di Mons. Pelvi, delegato dell’Ordo virginum della diocesi di Napoli ed attuale Ordinario militare: «Occorre compiere un capovolgimento di prospettiva: su tutto deve prevalere non più il bene particolare di una comunità politica, razziale o culturale, ma il bene dell’umanità, la riscoperta della originaria vocazione a essere un’unica famiglia, in cui la dignità e i diritti delle persone siano affermati come anteriori e preminenti rispetto a qualsiasi individualismo » ( 3 marzo 2011).
Se desideriamo essere “popolo” occorre confrontarsi con altri popoli, lasciarsi “attraversare” nella libertà che ci invita ad una sana collaborazione affinché l’altro possa rivelarmi la bellezza del suo e … del mio “volto”!
San Giuseppe vegli sul nostro cammino nella storia.
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