"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo." Beato Giuseppe Puglisi - Palermo 15/09/1937 - 15/09/1993 Primo martire di mafia

Breve analisi del Rito della Consacrazione delle Vergini

Articolo scritto giovedì, 22 aprile 2010
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  4. Breve analisi del Rito della Consacrazione delle Vergini

Rito della Consacrazione delle vergini in lingua italiana 
 


 La celebrazione del Rito può essere compiuta nella chiesa cattedrale o nelle comunità parrocchiali con la partecipazione dei fedeli (note CEI 2).
       È opportuno usare la Messa rituale “nel giorno della consacrazione delle vergini” e che il rito sia celebrato nell’Ottava di Pasqua, nelle solennità e tra queste soprattutto in quelle in cui si celebrano i misteri dell’Incarnazione del Signore, nelle domeniche, nelle feste della Beata Vergine Maria o delle sante vergini.(Ordo Consecrationis Virginum 9 – 11)

Struttura del Rito

   chiamata delle vergini
   omelia
   interrogazioni
   litanie dei Santi
   rinnovazione del proposito di castità
   solenne preghiera di consacrazione
   consegna dei simboli di consacrazione
   benedizione finale dopo la celebrazione eucaristica



   Si va all’altare processionalmente precedendo i presbiteri con celebranti e il vescovo “conviene che due vergini già consacrate a Dio o due donne scelte dal ceto dei laici accompagnino la consacranda” (OCV 20).
Per la prima volta nella storia del rito liturgico, le donne prendono parte alla processione d’ingresso.
Dopo il Vangelo, intanto che il coro intona l’antifona: “Vergini sagge, preparate le lampade: viene lo Sposo andategli incontro” la consacranda accende la lucerna e si avvicina al presbiterio.
Questo avanzare verso l’altare dà adito ad una processione che si ricollega al corteo matteano delle vergini sagge ammesse al convito nella casa dello Sposo e di volontario incontro col Signore per celebrare con Lui, nell’Eucaristia, un rito di alleanza nuziale.
Il vescovo la chiama: “Vieni figlia, ascoltami, ti insegnerò il timore del Signore” (dal Sal 33,12) la vergine risponde: “A te vengo, Dio fedele, nelle tue mani è la nostra vita”
Il rituale prevede una seconda forma di chiamata mutuata dall’ODPE che sopprime il corteo e personalizza la formula: il diacono chiama la consacranda per nome la quale, accostandosi al presbiterio risponde: “Mi hai chiamata: eccomi, Signore” (tratta da 1Sam. 3,4-5), quindi il vescovo dice un’invocazione unica nel suo genere, che rispecchia in maniera eminente il ruolo del ministro e il fine della cerimonia: “Vieni, figlia, il Signore per mezzo del mio umile ministero confermi il proposito del tuo cuore”.


   Segue l’omelia
A questo proposito il Rito, riportato solo nel Pontificale Romano, propone un testo “ad libutum” che si ispira agli scritti patristici, strutturata in due parti: la prima, rivolta all’assemblea, l’altra, verso la consacranda. La distanza ravvicinata che ora c’è tra il vescovo e la vergine favorisce a svolgere paternamente e ad accogliere filialmente l’insegnamento che, oltre a spiegare i passi scritturistici, espone il significato della verginità consacrata esortando a vivere e a custodire, ad imitazione della SS. Vergine, il carisma ricevuto. 


    Al termine dell’omelia il presule domanda:
- “Figlia carissima, vuoi perseverare nel proposito della santa verginità a servizio del Signore e della Chiesa fino al termine della tua vita?”
- “Vuoi seguire Cristo, come propone il Vangelo, perché la tua vita sia una particolare testimonianza di carità e segno visibile del regno futuro?”
- “Vuoi essere consacrata con solenne rito nuziale a Cristo, Figlio di Dio e nostro Signore?”


Ad ogni domanda la consacranda risponde: “Si, lo voglio”, espressione consapevole e sincera di essere tutta del Signore.
Le interrogazioni esplorano la volontà della candidata dinanzi alla comunità “testimone”, mettendo l’accento sul significato e il valore che la Chiesa pone nei riguardi della verginità consacrata e sull’importanza e la responsabilità di chi si impegna a tale proposito, all’insegna di un’atmosfera gioiosa, propria di chi sta ricevendo un dono divino.


   Si omette il Credo, e la preghiera dei fedeli viene sostituita dalle litanie dei Santi: “Preghiamo Dio Padre onnipotente per mezzo di Cristo suo Figlio e nostro Signore perché effonda la grazia dello Spirito Santo su questa figlia che Egli si è scelto per consacrarla nella vita verginale. Intercedano per noi la beata Vergine Maria e tutti i Santi”.

Nelle litanie la consacranda si pone in ginocchio o prostrata.
Fin dai primi pontificali l’atto della prostrazione più compiutamente manifesta profonda sottomissione ed umile atteggiamento di implorazione e di venerazione verso Dio. Cosicché “le vergini appellandosi ad una consuetudine ideale, la preferiscano per il suo valore tradizionale e profondo simbolismo” (Calabuig – Barbieri, in Ephemerides Lit. 96, 1982, p. 125).


    A conclusione delle litanie, la vergine, approssimandosi alla cattedra, mette le mani giunte in quelle del vescovo (immixtio manuum) dicendo:
“Accogli o Padre,

il mio proposito di castità perfetta alla sequela di Cristo,
lo professo davanti a te e al tuo popolo
con la grazia dello Spirito Santo”.
La formula di offerta è rivolta al vescovo, perché in qualità di “padre e sacerdote” (Sacrosanctum Concilium 41) possa presentarla a Dio. L’immixtio manuum, trae origine dall’omaggio feudale, dal rito cioè con cui il vassallo prestava obbedienza al signore e si impegnava a servirlo, ricevendone in cambio assicurazione di tutela e protezione. La vergine quando si dispone a ricevere la consacrazione già da tempo ha formulato privatamente la sua donazione a Cristo, il fatto che chieda al vescovo di accogliere il suo proposito dinanzi alla comunità ecclesiale all’interno del rito di consacrazione rende la promessa perpetua, pubblica e solenne.


   Mentre la consacranda sta in ginocchio il vescovo con le braccia stese davanti al petto inizia la preghiera di consacrazione
Tale preghiera è attribuita a S. Leone Magno papa (sec. V), segue lo schema tripartito delle preci di consacrazione (anamnesi, epìclesi, intercessione), ma essendo l’epìclesi scarsamente sviluppata, quasi fusa con l’intercessione, di fatto la preghiera di consacrazione si presenta divisa in due parti: una cristologica, l’altra pneumatologica.
La prima parte elogia il mistero della verginità cristiana nel ricordo delle meravigliose opere di Dio. La seconda parte è caratterizzata da una pressante invocazione di protezione e guida rivolta a Dio Padre richiedendo l’effusione dello Spirito affinché conceda quelle virtù che la renda amabile e degne di lode “pur senza ambire la lode” per la gloria di Dio “nella santità del corpo e nella purezza dello Spirito” .


    Seguono la consegna delle insegne sponsali: il velo (facoltativo) o altro segno di consacrazione e l’anello, e quello ecclesiale: il libro della Liturgia delle Ore (se si ritiene opportuno).

Imponendo il velo il vescovo dice:
“Ricevi il velo che ti distingue fra le altre donne
come vergine interamente consacrata
al servizio di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa”


La neo-consacrata canta l’antifona seguente o altro canto adatto:
“Mediterò sempre nel mio cuore le tue parole, o Dio,
per essere santa nel corpo e nello Spirito"

Il vescovo infilando, poi, l’anello nell’anulare sinistro dice:
“Ricevi l’anello delle mistiche nozze di Cristo
e custodisci integra la fedeltà al tuo Sposo
perché tu sia accolta nella gioia del convito eterno”


Quindi:
“Ricevi il libro della Liturgia delle Ore.
La preghiera della Chiesa
risuoni senza interruzione nel tuo cuore e sulle tue labbra
come lode perenne al Padre
e viva intercessione per la salvezza del mondo”


Al termine delle consegne la neo-consacrata canta l’antifona seguente o altro canto adatto:

 “Alleluja. Sono Sposa di Cristo.
  Alleluja. Sposa del Re degli angeli.
  Sposa per sempre del Figlio di Dio.
  Alleluja, alleluja.”


Il velo nuziale è segno ricco di simbolismo: nasconde e separa, protegge sottomette, chiude al visibile e dischiude all’invisibile. Sotto il velo della Sposa e della vergine consacrata si nasconde il mistero della vita per essere conservato e trasmesso con purezza. Tra le insegne sponsali il velo è la più antica e la più espressiva tanto da aver dato il nome alla stessa celebrazione: “velatio virginum”. “Proprio per il pluralismo di atteggiamenti e di segni che caratterizzano la nostra epoca, non dovrebbe risultare fuori luogo, né suscitare meraviglia il fatto che le vergini consacrate portino il velo, ad esempio, nelle celebrazioni liturgiche e in momenti significativi della vita ecclesiale. L’uso del velo non dovrebbe tuttavia essere dettato da motivi moralistici, ma suggerita dalla capacità simbolica del velo, lucidamente lietamente avvertita dalle vergini stesse, ad esprimere la loro peculiare condizione sacrale-sponsale” (Eph. Lit. 96, 1982, pp. 140-142)


   La Messaprosegue con la liturgia eucaristica che sottolinea l’aspetto del banchetto nuziale, nella prece eucaristica viene menzionato il nome della neo – consacrata e riceve il Corpo di Cristo sotto le due specie. Al termine della messa il presule impartisce la benedizione solenne che riprende i temi già enunciati nel corso del Rito accentuandone al nota sponsale.
La benedizione segue uno schema trinitario: ad ogni persona è attribuita nei confronti della vergine consacrata una duplice azione peculiare: la prima considerata nel tempo passato- presente, la seconda nel futuro:

- “Dio Padre onnipotente,
che ha posto nel tuo cuore il santo proposito della santa verginità,
lo custodisca sempre con la sua protezione”.


- “Il Signore Gesù Cristo,
che ti unisce a sé con vincolo sponsale
renda feconda la tua vita con la forza della sua parola”.

- “Lo Spirito Santo che discese sulla Vergine
e che oggi ha consacrato il tuo cuore,
ti infiammi di santo ardore a servizio di Dio e della Chiesa”.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Volevo commentare qualcosa in merito al rito dove vi è l'imposizione del velo, simbolo di consacrazione che però, a quanto mi dicono prendendo informazioni da più parti, non può essere indossato "fuori" e mi chiedo perché?! Dovrebbe quantomeno essere facoltativo. In un mondo fatto di immagini credo sia un mezzo importante di testimonianza, fermo restando che chi lo indossa se ne fa carico di tutto ciò che esso rappresenta...che non è poco...
Emilu

Ordo Virginum Sicilia ha detto...

Che "da più parti" pensano che il velo non possa essere indossato di fatto ci sono diverse sorelle, in Italia e all'estero, che lo indossano con gioia. Naturalmente la consacranda, in accordo con il vescovo della diocesi, valuterà se questo segno "pubblico" sia indossato durante le funzioni liturgiche o anche "fuori" dalle stesse. Tuttavia è essenziale testimoniare la tipicità della consacrazione verginale evitando di confonderla con la professione religiosa.

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