"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo." Beato Giuseppe Puglisi - Palermo 15/09/1937 - 15/09/1993 Primo martire di mafia

Incontro regionale Ordo Virginum - diocesi di Acireale

Articolo scritto mercoledì, 30 marzo 2011

da Antonella & company

Lo scorso 26 – 27 febbraio presso l’Oasi Maria Ss.ma Assuta in Aci Sant’Antonio, diocesi di Acireale, si è svolto il secondo incontro annuale di formazione per le vergini consacrate delle diocesi di Sicilia dal tema: “SI, LO VOGLIO: LA DINAMICA DELLA LIBERTA’ E DELLA VITA INTERIORE” tenuta dal frate minore cappuccino  P. Giovanni Salonia  
Nella sua relazione ha delineato alcuni punti fondamentali circa l’espressione “Si, lo voglio”.
Riassumiamo alcuni passaggi salienti per inquadrare la tematica:
l’espressione “si, lo voglio” è una risposta che risuona molte volte nella storia della salvezza.
Essa ricalca la certezza di una chiamata che nasce dalla libertà di Dio alla quale l’uomo risponde, anch’egli, con libertà e con responsabilità. La crescita di ogni vocazione si fonda su questa certezza: Dio ci ha chiamati perché ci ama, ci ha scelti prima e ci ha scelti per sempre. Dio ha rischiato per primo questo amore. Allora l’identità di vergine è un’identità di risposta e di una risposta appassionata, ovvero: “un’accettazione di passione”.
Il corpo di Gesù incontra sacramentalmente il corpo del chiamato attraverso un itinerario di: ricerca, relazione, conquista (cfr.Gv1,35-39), possesso, perdita, secondo i ritmi del Cantico dei cantici.
Nell’itinerario vocazionale c’è un primo “si lo voglio” che è il riconoscimento della propria identità, come dire: questo è ciò che cercavo, che desideravo; questa è la mia passione. Ma c’è un altro “si lo voglio” che appartiene alla pienezza e nasce da un amore senza riserve: il consegnare se stessi nella libertà e nell’amore, ovvero, la capacità di “rischiare” tutto per amore; l’audacia di chi dona in perdita.
La pienezza dell’ordo virginum si gioca sulla continuità – discontinuità del matrimonio e si fonda nel mistero pasquale. La  Chiesa, nuova Eva, sospira  a Cristo: “Mi baci con i baci della tua bocca” (Ct1,2). L’amata desidera gustare le delizie dell’amore di Dio (cfr. Sal34,9) sgorgate dal mistero pasquale. Solo nel bacio la sposa conosce lo sposo, nel quale trova la vita eterna; solo nello Spirito Santo, bacio reciproco del Padre e del Figlio si inserisce l’identità della consacrata. Noi siamo in questo bacio che si consuma nel talamo che è l’Eucaristia. Allora il “sì lo voglio” non è una questione privata tra la consacrata e Gesù, ma si inserisce sempre nel bacio della Chiesa.
La verginità si comprende alla luce della nuzialità e dell’eunuchia. L’eunuco, nell’antichità, era colui che aveva il compito di custodire il mistero più bello del re: la regina. Ma per essere eunuchi/vergini per il Regno non bisogna essere eunuchi: solo chi è pronto per sposarsi può essere eunuco/vergine per il Regno, può custodire il mistero più bello del gran Re: lo Spirito Santo, l’eros dello Spirito.
Un corpo vergine per il Regno  deve avere due caratteristiche: deve essere aperto al mondo e nello stesso tempo deve custodire. Allora la verginità è un esodo da sé, un consegnarsi, che ti spinge ad assumere il dolce peso dell’amore che va vissuto non solo nella logica del morire a se stessi ma anche come atto di liberazione, come sussurro di vita.Diventare vergine significa diventare “donna”, capace di nuzialità e di maternità. È vergine solo chi è capace di aprirsi all’estraneo più estraneo… con libertà.
La cattedra dalla quale si apprende il mistero della verginità è la quotidianità, è l’esperienza umana quale luogo teologico per eccellenza. Per saper essere vergine bisogna comprendere l’essere sposa e l’essere madre… libere. È necessario essere liberi da per essere liberi per.
La libertà che Dio chiede a chi vuole vivere la nuzialità in pienezza la troviamo nell’espressione: «i due lasceranno padre e madre e si uniranno». La prima libertà è lasciare padre e madre. Libertà da significa:
a) aver avuto un rapporto pieno con la propria madre e con il proprio padre, ovvero vivere fino in fondo la dimensione filiale;
b) il rapporto con la madre dà alla vergine un’accettazione incondizionata, un senso sereno, pieno della propria femminilità: senza arroganza e senza paura, per poter dire “nel corpo” la bellezza dell’essere donna. Una vergine deve avere un corpo da sposa per essere dentro e oltre la sposa.
c) Il rapporto con il padre deve comunicare la fiducia nel domani: sei bella in ciò che diventerai.
Per raggiungere la pienezza della libertà “da” è necessario rivedere costantemente qual è stato il rapporto con i propri genitori, analizzare gesti e fatti, evidenziare le lacune per recuperarli.
Si può lasciare solo ciò che si ha avuto.
Cosa significa essere madri lo apprendiamo dall’esperienza del parto.
Il parto è un luogo in cui si apprende che:
1.
è necessario aprirsi per dare la vita;
2.
si riceve la vita nel momento in cui si rischia la morte.
3.
La maternità ti dà la capacità di affrontare il dolore senza chiudersi.
Il parto produce nella donna una fortezza maggiore, una capacità più grande di affrontare la vita. L’insegnamento sulla maternità è dentro la maternità e oltre. Diventare madri nella verginità significa affrontare la vita con il coraggio di essere madre. La sposa condivide; la madre si prende cura. Allora il “sì, lo voglio” iniziale deve raggiungere la pienezza in un “sì, lo voglio” come sposa, condividendo la mia vita; come madre: a) nel dare la vita, b) nel dare la parola, cioè la possibilità di avere un pensiero diverso dal mio.
 
Molto bello è stato inoltre il momento di adorazione svoltosi nella Chiesa madre di Aci Sant’Antonio. Presieduto dal vescovo di Acireale Mons. Pio Vigo, animato dalla pastorale giovanile della diocesi e con la testimonianza di Evelina….. che al termine della preghiera ha iniziato a regalare palloncini dalle forme più svariate e a grande richiesta da parte di giovani e giovanissimi. Significativo, infine, l’incontro con due suore convertitesi dall’induismo, gioiose e forti nella fede, entusiaste nel proclamare il messaggio cristiano.
Il “Si, lo voglio” riecheggia nei nostri cuori e si espande nel lieto incontro di nuovi volti in una reciproca lode per le meraviglie del Signore!

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