"Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale ... ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual è il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l'unico volto del Cristo." Beato Giuseppe Puglisi - Palermo 15/09/1937 - 15/09/1993 Primo martire di mafia

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C

Articolo scritto sabato, 11 settembre 2010


 XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C
 Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». 

 


Storia di un Amore libero. Un amore, quello del padre che non chiede nulla se non di amare!
Questo padre aveva due figli ma nessuno dei due sapeva amarlo, il primo lo considera già morto “dammi l’eredità”, il secondo lo considera un padrone “io ti servo da tanti anni”.
Ma l’unica cosa che chiede il padre ai due figli non è forse di lasciarsi amare?
Non rimprovera il primo figlio quando torna ma pieno di compassione gli si getta al collo, lo bacia e lo ricolma di doni.
Non rimprovera il secondo figlio ma esce a supplicarlo “quello che è mio è tuo, bisogna far festa”
L’amore vero, quello che non chiede ma dà, quello che lascia liberi di andare e poi di ritornare, quello che abbraccia e non rimprovera….
Lasciarci amare da Lui, non è forse questo che Dio ci chiede? Perché solo se ci lasciamo amare da Lui, se riconosciamo i suoi doni “tutto ciò che è mio è tuo” se sappiamo accoglierli da figli, non come dei salariati che fanno tutto per dovere, non da sperperatori che devono approfittarsene a discapito degli altri, solo così possiamo imparare ad amare dello stesso amore di cui ci ama il padre!
A volte siamo così concentrati a chiedere che sia fatta la nostra volontà e non la Sua che non sappiamo riconoscere che “tutto ciò che è mio è tuo” e stiamo a lamentarci “ti servo e non mi hai dato nemmeno un capretto”. Riconoscere ogni cosa, ogni avvenimento come un dono del Suo Amore, come un’opportunità che ci fa crescere, ci insegna l’Amore, quello vero! E così Amare diventa naturale, diventa un bisogno, un esigenza, non un dovere!

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. (dal salmo 50)

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