A proposito del seminario di studio ed approfondimento svoltosi a Roma il
5-6 marzo 2011 dal tema: “Ordo Virginum,
profezia della fedeltà: storia di un cammino”
Di Pinella
Travaglia, Ordo Virginum della diocesi di Messina
è sempre entusiasmante e stimolante il
ritrovarsi insieme con le sorelle dell’ordo
virginum delle diocesi che sono in
Italia. Il confronto tra realtà tanto diverse ma anche tanto simili ci fa
respirare in maniera più ampia, e ci aiuta a crescere in quella comunione che è
il frutto più importante del nostro ritrovarci.
La storia di questi quarant’anni
(dalla revisione del Rito) ci dice infatti che, pur nelle diversità che
esistono tra noi e tra le nostre diocesi, una riflessione maturata attorno a
punti importanti ha sempre più condotto ad una percezione unitaria del nostro
carisma di fondo, e ad uno stile comune che impronta il nostro quotidiano.
Questo seminario ci è stato proposto
come una “pausa” nel nostro cammino, per ripercorrere con la memoria una storia
condotta dallo Spirito e, dunque, da decifrare e da accogliere, innanzitutto,
nei frutti che ha già prodotto; da continuare a vivere nella fedeltà a quel
dono che ci precede e che ci è stato consegnato.
Così, Mons. A. Piantanida nei suoi
spunti: “Ci dedichiamo a questa
riflessione con l’animo di una rilettura deuteronomica del cammino dell’Ordo in
questi 40 anni e con il desiderio di una fedeltà più matura ai disegni del
Signore nel riproporre alla Chiesa del dopo Concilio questa speciale vocazione,
già delle origini”.
Il seminario si è aperto con una
tavola rotonda in cui tre sorelle (Chiara Bottaccini, Emanuela Buccioni e
Roberta Mei) hanno ricostruito le tappe fondamentali di questi quarant’anni,
soprattutto attraverso gli Atti dei convegni. Innanzitutto sono emersi i temi
che ci hanno accompagnate: laicità, spiritualità, relazione chiesa/mondo,
sponsalità, identità, carisma, femminilità, chiesa locale, fraternità,
liturgia, profezia, testimonianza, formazione, missione, magistero, consigli
evangelici, maturità umana, fedeltà, quotidianità.
Si è evidenziato un cambiamento nei
modi di proporre i temi nei nostri convegni: alla modalità delle relazioni si
affiancano seminari di studio con maggiore tempo per lo scambio; fra i relatori
sono sempre più presenti laici, donne e consacrate dell’ordo virginum; dei vari
temi non solo si parla ma si cerca di viverli già nello spazio dei nostri
incontri.
E si è parlato poi di come si sia
consolidata poco a poco l’esigenza di riflettere insieme sulla nostra identità
attraverso un percorso formativo condiviso e, dunque, di come si siano
strutturati nel tempo i convegni nazionali e il gruppo di collegamento che ne
cura l’organizzazione, assieme alla pubblicazione degli Atti e del Foglio di
collegamento.
Anche il rapporto con la Chiesa italiana si è evoluto
nella ricerca di una sintonia sempre maggiore che sembra orientare anche i
nostri itinerari formativi, fondandoli sulla forma tipica del cammino di
iniziazione cristiana.
In una quarta relazione, Mons.
Ambrogio Piantanida, Delegato dell’Ordo
della diocesi di Milano, ha affrontato il tema del rapporto tra vergine
consacrata, Vescovo e Delegato. Per questo ha fatto riferimento ai documenti
costitutivi dell’Ordo (Prenotanda al
Rito di consacrazione e Codice di Diritto Canonico), al magistero della chiesa
e ad alcuni studi recenti.
Pur nella provvisorietà di una prima
rielaborazione, vorrei raccontarvi qualcosa dei lavori nei gruppi che hanno
approfondito gli spunti ricevuti e che hanno occupato gran parte del seminario.
Nel gruppo di Mons. Piantanida, ci
siamo confrontate in modo sincero e appassionato sulle situazioni che viviamo
nelle nostre diocesi, sui modi in cui proviamo a vivere la nostra vocazione pur
tra tante difficoltà. Ho trovato molto incoraggianti le parole di Mons.
Piantanida che ci ha esortate a rimanere fedeli alla gratuità della nostra
vocazione, anche quando questa gratuità viene recepita nel senso negativo di
“inutilità”. Questa gratuità, che rimanda semplicemente all’innamoramento del
Signore, è in realtà l’origine di ogni consacrazione: è dunque quella vocazione
originaria che oggi lo Spirito, anche attraverso di noi, ricorda alla Chiesa,
spesso coinvolta in un vortice di efficientismo attivistico che lascia poco
spazio all’ascolto e all’incontro.
Dal gruppo sono emerse due esigenze
di sollecitazione (ai vescovi perché si esprimano sul documento presentato alla
CEI dall’ordo virginum perché ci sia un punto di riferimento comune; ai delegati
perché partecipino ai nostri incontri), e un impegno a coinvolgerci in prima
persona nei percorsi diocesani.
Due gruppi hanno riflettuto sulle
tappe fondamentali del cammino di questi quarant’anni, lasciandosi guidare
dagli imperativi di Dt 8,1-6: “Ricordati”,
cioè fai memoria, guarda al passato; “Riconosci”,
cioè discerni; “Osserva” cioè
proponiti, guarda al futuro.
Riferisco i punti che le sorelle
hanno condiviso sinteticamente nell’assemblea conclusiva: l’importanza della
nostra identità, da vivere a livello personale come custodia del proprio dono e
di quello delle sorelle; quindi l’importanza dell’incontro, anche a livello
nazionale, per lo scambio circolare che si instaura così (nella comunicazione
delle nostre esperienze ad un livello più ampio e nel “ritorno” diocesano di
questo scambio); lo stile che, anche grazie a questi incontri, comincia a contraddistinguerci
(ad esempio la cura verso i piccoli gesti, il mettersi in gioco in prima
persona). Come punti di forza della nostra vocazione sono emerse la povertà
(aver scelto Lui solo al di sopra di tutto si conferma nella nostra esperienza
come il non poter riporre in altri o in altro le nostre sicurezze) e la
gratuità. Anche in questi gruppi la gratuità, il vivere senza affannarsi, è
emersa come un messaggio importante per la nostra Chiesa oggi. E dunque emerge
che più che il fare delle cose, ci identifica l’essere strumenti di comunione
nella quotidianità che viviamo nel mondo.
Un ultimo gruppo ha riflettuto sul
nostro rapporto con la
Chiesa. Qui i punti che le sorelle ci hanno riferito sono:
innanzitutto l’importanza della conoscenza (sia la nostra conoscenza della
chiesa locale, sia il farci conoscere dalle nostre chiese); poi il nostro ruolo
laicale e femminile all’interno della chiesa. In particolare sembra che
possiamo costituire una cerniera tra il mondo laicale e la Chiesa , portando in essa quella
ordinarietà che quotidianamente viviamo.
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