Don Giuseppe Puglisi “Il prete martire ucciso dalla mafia
15 settembre 1993”
Padre Pino Puglisi ha perso la sua vita perché amava annunciare il vangelo sui tetti, alla luce del sole e non volle ridursi a sussurrare la parola di Cristo nel chiuso della sacrestia. P: Pino Puglisi non ha perso la sua vita a causa della sua scelta, ma l’ha riguadagnata. Amava farsi chiamare unendo le iniziali di Padre Pino Puglisi cioè “3P”. Sapeva essere allegro e scherzare su se stesso. Infatti, aveva grandi orecchie, grandi mani e grandi piedi e come il lupo e capuccetto rosso Padre Pino Puglisi spiegava che le grandi orecchie gli servivano per ascoltare meglio, le mani grandi per accarezzare con più tenerezza, i piedi larghi per camminare sempre in lungo e in largo per soddisfare le richieste di aiuto, infine, passandosi la mano sulla calvizie diceva che rifletteva meglio la luce divina. Anche quando fu destinato ad incarichi più ingrati egli non si perse mai d’animo e in qualunque posto lo mandavano egli portò sempre il suo messaggio di pace e di amore e il suo sorriso era la dimostrazione che si può essere cristiani e allegri. Difatti i giovani del Liceo Vittorio Emanuele II affermarono che da lui hanno imparato a chiamare Dio “Abbà” “Paparino” e di sentirsi amati da Dio e quindi la nostra religione non è fatta di paura e di musi lunghi ma di gioia, di speranza e fiducia in Cristo Salvatore.
Giuseppe Puglisi nasce a Palermo il 15 settembre 1937, terzo di quattro figli. Il padre è calzolaio, la madre sarta. Una famiglia umile ma calda di affetti e ricca di valori. Vivono prima a Brancaccio e, dopo la fine della seconda guerra mondiale, in una casa di Via Messina Marine. Pino fa il chierichetto nella chiesa di San Giovanni Bosco e si impegna nell’Azione Cattolica. Matura la vocazione insieme al parroco, Calogero Caracciolo, uomo di grande cultura ed indipendenza: non accettava compromessi. Grazie ai sacrifici dei familiari a sedici anni entra nel seminario diocesano. Il 2 luglio 1960 riceve l’ordinazione presbiterale nel Santuario Madonna dei Rimedi. Celebra la prima messa a San Giovanni Bosco: il santino fatto stampare per l’occasione ha sul retro un’invocazione semplice e profetica “Oh, Signore, che io sia strumento valido nelle tue mani per la salvezza del mondo”. Parroco nella chiesa del SS. Salvatore in Corso dei Mille, poi di Maria SS. Assunta a Mondello e già appare evidente il suo carisma di educatore e la capacità di dialogo.
Nel 1970 viene trasferito a Godrano e riesce ad organizzare piccole esperienze ecumeniche di preghiera e così la sua opera innesca in questo paese, altamente mafioso, il processo di trasformazione delle coscienze. Torna a Palermo occupandosi dei ragazzi del Liceo classico Vittorio Emanuele II, seguendo i giovani della “comunità vocazionale”, non abbandonando mai le lotte per i diritti sociali, assegnandogli la parrocchia S. Gaetano nel quartiere Brancaccio.
La prima fase del suo metodo era l’ascolto, infatti, sapeva che, per usare le parole giuste, soprattutto con gli uomini e i deboli, bisognava prima dividere il pane e il vino con loro. Rispettava i tempi di tutti, la sua frase preferita era: “Nessun uomo è lontano dal Signore che ama la libertà. Non ci impone il suo amore, non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, Lui bussa, sta alla porta e bussa: quando il cuore è pronto si aprirà!”. Il giorno che l’uccisero aveva lavorato molto. Ai suoi killer disse: “Me l’aspettavo” e… il suo ultimo sorriso fu per loro.
Padre Pino Puglisi, come il Buon Pastore è andato avanti per difendere le sue pecorelle con una disponibilità al sacrificio esemplare per ogni sacerdote. Il morire da martire è il vertice di quelle beatitudini che sono il ritratto stesso del Maestro. In quanto credenti in Gesù Cristo, tutti noi dobbiamo prendere esempio da Don Giuseppe Puglisi e impegnarci a difendere il valore e la dignità dell’uomo.
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1 commento:
Ho conosciuto P. Pino Puglisi quando facevo parte del CVX dell’arcidiocesi di Palermo. A quei tempi avevo 18 anni e, sebbene avessi alle spalle un discreto cammino, ero molto birichina. In particolare mi ricordo quando una domenica, disturbai ripetutamente la sua catechesi con battutine che distraevano gli altri ragazzi/e. Lui li tollerò ma fino ad un certo punto... avrei dovuto meritare un solenne rimprovero... ed invece P. Pino mi guardò dolcemente, intensamente, in silenzio, nei suoi occhi non vidi alcun risentimento e neanche un benché minimo senso di rimprovero ... ancora ricordo quello sguardo così amorevole che implorava semplicemente di smetterla ed io a quel punto mi quietai. Un bell'esempio per tutti noi educatori, anche lui lo era e si considerava ... un rompiscatole! - Anna Daniela, Palermo
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