Solennità di tutti i Santi
Il Volto Mentre ero in chiesa, un giovane ha attirato la mia attenzione.
Mi sono avvicinato per cercare di abbozzare uno scampolo di dialogo.
Gli ho chiesto da dove veniva, cosa faceva, se era un ‘esploratore solitario’.
Era aperto e gioviale e dimostrava di gradire il mio interesse.
Ma quando ci siamo salutati mi ha rivolto uno sguardo che mi ha rivelato il dramma della sua vita: degli occhi molto tristi, delle rughe eloquenti.
Quello sguardo mi ha gelato dentro, come un grido di dolore.
Ma ormai era tardi. Ho avuto il tempo di stringergli forte la mano e fargli un sorriso che lui ha dimostrato di cogliere fugacemente ed è scomparso.
Quegli occhi si sono impressi in me come icona di ogni dolore e di ogni sofferenza. Mi hanno scalfito il cuore, come la spina nella carne del dolore del mondo.
Ci sono attimi che hanno lo spessore dell’eternità, in cui si spalancano universi di gioia e di dolore e l’altro si rivela nella sua nudità e verità.
Quel giovane mi ha ricordato che bisogna essere più attenti e meno superficiali nell’incontro con l’altro e mi ha reso consapevole che mi capita spesso di cogliere, in tanti, le stigmate del dolore.
Il non chiudere gli occhi davanti ad esse, il non lasciarmele sfuggire è la sfida di quegli occhi per il mio futuro.
Penso che questa attitudine di spirito, tutta da acquisire, è l’espressione di una serenità di fondo che scaturisce dal lasciarsi guardare negli occhi dal Signore Gesù.
Meravigliosa questa immagine della preghiera: prestare a Dio i propri occhi perché vi contempli il Suo volto riflesso, come in uno specchio di acqua limpida.
E puntare gli occhi nei Suoi, con la spontaneità di un bambino che sa osare e volgersi in alto.
La nostra vita spirituale è scandita da questa doppia dimensione: essere visti e vedere.
Purtroppo a volte potrebbe essere più facile raggiungere un altro pianeta che il profondo del cuore di chi ci sta accanto.
Bisogna avere antenne per cogliere i vissuti dell’altro. Coltivare una sensibilità raffinata che ci faccia giungere fino al suo cuore e dare vita alle sue ossa inaridite.
Don Carmelo La Rosa
Mi sono avvicinato per cercare di abbozzare uno scampolo di dialogo.
Gli ho chiesto da dove veniva, cosa faceva, se era un ‘esploratore solitario’.
Era aperto e gioviale e dimostrava di gradire il mio interesse.
Ma quando ci siamo salutati mi ha rivolto uno sguardo che mi ha rivelato il dramma della sua vita: degli occhi molto tristi, delle rughe eloquenti.
Quello sguardo mi ha gelato dentro, come un grido di dolore.
Ma ormai era tardi. Ho avuto il tempo di stringergli forte la mano e fargli un sorriso che lui ha dimostrato di cogliere fugacemente ed è scomparso.
Quegli occhi si sono impressi in me come icona di ogni dolore e di ogni sofferenza. Mi hanno scalfito il cuore, come la spina nella carne del dolore del mondo.
Ci sono attimi che hanno lo spessore dell’eternità, in cui si spalancano universi di gioia e di dolore e l’altro si rivela nella sua nudità e verità.
Quel giovane mi ha ricordato che bisogna essere più attenti e meno superficiali nell’incontro con l’altro e mi ha reso consapevole che mi capita spesso di cogliere, in tanti, le stigmate del dolore.
Il non chiudere gli occhi davanti ad esse, il non lasciarmele sfuggire è la sfida di quegli occhi per il mio futuro.
Penso che questa attitudine di spirito, tutta da acquisire, è l’espressione di una serenità di fondo che scaturisce dal lasciarsi guardare negli occhi dal Signore Gesù.
Meravigliosa questa immagine della preghiera: prestare a Dio i propri occhi perché vi contempli il Suo volto riflesso, come in uno specchio di acqua limpida.
E puntare gli occhi nei Suoi, con la spontaneità di un bambino che sa osare e volgersi in alto.
La nostra vita spirituale è scandita da questa doppia dimensione: essere visti e vedere.
Purtroppo a volte potrebbe essere più facile raggiungere un altro pianeta che il profondo del cuore di chi ci sta accanto.
Bisogna avere antenne per cogliere i vissuti dell’altro. Coltivare una sensibilità raffinata che ci faccia giungere fino al suo cuore e dare vita alle sue ossa inaridite.
Don Carmelo La Rosa
1 commento:
#1 01 Novembre 2009 - 23:35
"Santi" vuol dire "vivi"!!
La santità vera è vivere la vita di ogni giorno in pienezza, vivere le gioie e i dolori senza sfuggirvi!
Auguri di vita x tutti!
Evelissima
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